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Eolo
stelle lontane
I BAMBINI DI CANTU' INTERVISTANO CHIARA GUIDI
Commentando" Esercizi per voce e violoncello" sulla Divina Commedia di Dante

Siamo Matilde, Martino, Amelie, Federica, Davidea, Valentina, Giulia, Camilla e Carolina, abbiamo visto Esercizi per voce e violoncello sulla Divina Commedia di Dante | Inferno, uno spettacolo della compagnia Societas con Chiara Guidi e Francesco Guerri, al Teatro San teodoro di Cantù domenica 20 Febbraio 2022.

Ecco le nostre impressioni.

Più che il significato delle parole ha significato il tono, l'espressione e il timbro della voce. Mi è arrivato l'inferno. A me è piaciuto tantissimo perché era ipnotizzante non riuscivo a staccare gli occhi dal palco. Guardavo Matilde che aveva la testa in giù e teneva gli occhi chiusi… Perché?
Perché volevo ascoltare ad occhi chiusi, così!… Con gli occhi chiusi ho un senso in meno e resto più concentrata sul suono e capisco meglio le immagini che mi si propongono, come per i ciechi, che hanno un senso in meno.
In un primo momento è stato frustrante perché mi sentivo ignorante e mi sforzavo di capire le parole anche se non ci riuscivo, poi mi sono arresa e ho cercato di concentrarmi sui suoni. All'inizio penso di aver sbagliato perché cercavo troppo di capire poi ho realizzato che non c'è solo il canale razionale per comprendere una cosa e così la mia mente si è riempita di immagini. Mi sono abbandonata al suono e ho guadagnato le immagini.
Se pensi all'inferno e a come potrebbe essere rappresentato ti vengono in mente note basse e invece lei spesso ha utilizzato vocalizzi acuti, specie per Virgilio e mi è sembrato strano (tutti sono d'accordo e annuiscono sorridendo per il piacere di questa condivisione) perché io Virgilio me lo immagino con una voce profonda. È un maestro ed è saggio, anch’io me lo aspettavo con la voce profonda e bassa, credo che tutti se lo immaginano così, e invece lei ha scelto una voce acuta per rappresentarlo, una voce acuta da bambinetta. Quella è stata la sua interpretazione e ci è piaciuta, anche se noi siamo abituati a pensarla in modo differente. Quando leggi la Divina Commedia hai lì la pagina… qua in teatro era meno neutro, c'era l'ambiente della voce e del violoncello che davano vita a un paesaggio. Riuscivi ad immedesimarti con il suono.
I nostri consigli per chi lo guarderà: non cercate di capire le parole, lasciatevi trasportare dalla voce, dalla voce dell’attrice insieme alla voce del violoncello. La voce dello spettacolo è l’insieme delle due voci.
Non sforzatevi di capire, ma limitatevi alla vostra ignoranza per godervela di più.




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Qual è il suo personaggio preferito della Divina Commedia?

Io preferirei dire qual è la musica che ti piace di più all’interno della dinamica della letteratura della Divina Commedia. Non so se vi siete accorti che è prevalentemente un lavoro sul suono, quello che identifica di più questo lavoro è la voce di Ulisse.
Ho bisogno di suoni per capire i tipi di personaggi, la domanda è giusta ma in relazione ai suoni. In fondo se passa un tram tu lo riconosci per il suono che fa, idem per un bambino, lo riconosci dal suo pianto. Quale dei due personaggi è quello che ti piace di più? Tu hai sentito solo i suoni e vai alla ricerca del suono che preferisci.
Nello spettacolo alcune parole non si capivano bene per il gergo dantesco, ma si riuscivano a capire per l'espressività, il tono e soprattutto il modo in cui le si diceva. Altre parole, grazie al loro suono, ti facevano capire se la situazione era positiva o negativa…
Bravo, non capisci il significato delle parole eppure senti e comprendi. Un po’ come da piccoli quando si sfoglia un libro di illustrazioni, dalle immagini emerge un senso molto forte soprattutto se le illustrazioni sono belle, se sono brutte no. Quelle belle fanno capire molto, nella bellezza c’è questo richiamo dei sensi che è ciò che ci attrae.

Cos'è per lei la voce? Immagino che bisogna in qualche modo tenerla allenata? Come fa e ogni quanto lo fa?

La voce è uno strumento musicale che produce dei suoni. Tu hai una voce, lei ha una voce, io ho una voce, lui ha una voce, sono tutte diverse, è come se avessimo un’orchestra di voci, tante sonorità e tante corde che si muovono. Tutte le voci sono belle. E’ vero però che non tutte le voci in uno spettacolo servono. Le voci sono difficili da definire. Che cos’è la tua voce? Fai fatica a definire che cos'è, a che cosa rassomiglia, quindi dobbiamo mettere in relazioni la nostra voce all'altro per creare analogie. Quando pronunci una parola in realtà l’hai già detta nella pancia, c’è un momento che precede l’uscita dalla bocca, quello che diciamo è sempre in ritardo. La voce non nasce nella bocca, nasce nelle viscere, si carica di un'atmosfera nel profondo del tuo corpo, di acqua, di sangue, di budella. Quando siamo drammaticamente provati questa voce viene fuori. La voce vive in uno spazio, senza aria non c'è voce. Noi abbiamo bisogno dell’aria, ma nell’aria…senti le campane? Da quando sono partite io ho cambiato intonazione. Tutto questo compone la mia voce. Non c’è niente di più forte della relazione che il corpo della voce crea con l’altrove. La voce non può vivere isolata, io ho bisogno del corpo dell'altro. Tutto questo in unione con la natura che è sempre vicino a noi. Noi siamo natura con la nostra voce.

Come si può sviluppare la propria voce, per renderla più orecchiabile o per espanderla? Qualche trucchetto (risate) o consiglio?

Eh, trucchetti non ci sono (risate)… io uso sempre il microfono, è la protesi della mia voce, è già di per sé uno strumento. L'esercizio è soprattutto di attenzione: prima di recitare imparate ad ascoltare i suoni che vi accerchiano e imitate i suoni che ascoltate. Non saranno mai imitazioni esatte ma suonate la voce! L’esercizio è fondamentale, registratevi e ascoltatevi.

Bisogna essere molto profondi nelle scelte e anche in tutte le modalità in cui noi facciamo le cose, perché così puoi anche modificarle nell’incontro con l’altro, ma resterai sempre te stesso.

Come si chiama il primo strumento che avete usato? Non l'ho mai visto.

Infatti non esiste, è una chitarra per fare gli spaghetti che si usa nella cucina del Sud Italia. Francesco ci muoveva sopra delle spatole che servono per modellare la creta. Oggi non c’erano molti oggetti… Noi spesso usiamo metallo, bidoni, terra, microfoni ad acqua… Il problema non è l'oggetto, ma come funziona in relazione alla voce, e la voce come funziona in relazione all’oggetto.

Ogni rumore è riproducibile con la voce?

Lo puoi scimmiottare. Come nelle accademie: quando gli studenti si allenano a dipingere con davanti una modella, la modella è lì, non è nel disegno. E’ impossibile rifare una cosa uguale a quella che vedi perché comunque ci sei tu nel mezzo, c’è sempre una figura tra te e l’oggetto, che sei tu, i tuoi occhi. Anche per la foto vale lo stesso, ogni foto è il tuo punto di vista sulla realtà, non la realtà. Alle origini la nostra voce non era fatta per parlare, noi prima con la bocca mangiavamo, davamo dei morsi, strappavamo insieme alle mani, quindi è venuta tardi la parola. Non possiamo imitare tutto però nello sforzo di imitare ne può uscire un bel suono.

Qual è la cosa più importante che le ha insegnato il teatro?

Guarda... Non è che uno faccia il teatro ed il teatro è isolato rispetto a tutto il resto... il teatro è davvero dentro alla realtà. Va col tempo. Forse la cosa che mi ha insegnato il teatro… che è importantissimo essere così falsi da sembrare veri. Forse è questa la cosa, cioè il gioco dei bambini. Questo è il teatro, ma è anche la forza del pubblico di poter vedere anche quello che l’apparenza delle cose non ti dice di vedere, che è la sua complessità. E’ complessa la realtà. Vedere oltre e mangiare quel poco che riesci a mangiare, perché non è che ci possiamo mangiare tutto di quello che vediamo. Però ci son delle parti che ci interessano, ci fermiamo, guardiamo con più attenzione, stiamo molto tempo lì a guardare, non la conosciamo, cerchiamo di immaginare e immaginando andiamo a prendere un'altra cosa e la mettiamo vicino a quella che non conosciamo, si crea una catena e si crea la conoscenza. Quindi essere così falsi da sembrare veri, falsi e veri fino in fondo, perché è l’artificio: tu se devi raccontare a lei una cosa che hai vissuto, una cosa bella, devi trovare le parole giuste per raccontarla quindi fai un artificio. Falsi e veri fino in fondo è l'artificio.

A cura di Maria Mazza, Arianna Pollini, Marta Rusconi, Letizia Torelli







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